Being Both on and Within, As I Said

Rowena Harris

23.06.2015 – 30.09.2015

Exhibition Views

Works

The Gallery Apart is proud to present the first solo exhibition in Italy by Rowena Harris, who was awarded the opportunity to live and work in Rome as The Sainsbury Scholar in sculpture at The British School at Rome. After almost a year on the artist residency programme, “Being both on and within, as I said” accumulates and presents an accurate assessment of an experience defined as seminal by the artist herself, who has been further developing her research on the relationship between sculpture, object and human body in a historical, architectural and social surrounding that provide a richness in new original ideas and inspirations for the London-based artist.

Rowena Harris is committed to a deeper understanding of contemporary reality, where the mind, the body, the self and things are integrally linked, and where the imaginative perception is both mental and physical. Harris employs this perceptive dimension within her work as an approach that involves the imagination of the viewer, alongside a bodily trace. The works included and the relationship between them, express a view of the contemporary world which can be understood as informed by the digital era, yet not limited to digital space. There is no distinction between virtual and reality in the way that our self and experiences are constructed and lived.

Ordinary objects which are treated as fossils or artefacts, or contemporary elements seen through an archeological view finder, evoke an earlier and different human presence. These are placed in relationship to sculptures that frame the real presence of the visitors who interact with the sculptural work just by their approach – consequently this framing places an image of their own body which is then offered to the view of other visitors. Hence, Harris’s sculptural work invites the audience to activate the work: a “being on and within” the sculptural work through a subtle and gentle performative act. Sculpture-frames and sculpture-objects frame or evoke body parts, referring not only to the relationship between virtual and reality, but also to a hybrid territory where they meet,  and where these two terms breakdown. Such as the ubiquitous screen-based devices that represent an extension of the human body or when we place a part of our body on these devices, for example when, with our fingers, we involuntarily cover a photographic lens.

The exhibition is spread across the two floors of the gallery and each floor gives a different modality to the interaction between bodies and sculptures. On the ground floor, the works are alternating and prospectively touching in a constant process of framing and unframing. Sculpture-frames standing in the gallery’s space or hanging from the ceiling contain the image of other sculptures and visitors. The human presence or forms pertaining to a close relationship to the skin are evoked by fragments of shirts or by small objects trapped in the concrete. Silicon rubber micro-sculptures replicating dozens of ordinary objects we carry everyday in our pockets and which here are gathered together to form a strip along the wall as if dropped as cultural detritus. Complementing this are sculptures created through three-dimensional prints of actual human organs, gathered via MRI scans that provide parts of the body we can not see but can digitally reproduced. Finally fabric drapes where cyanotype, the most basic sun-reactive photographic solution, captures the a chance contemporary moment through a human scale process (a length of fabric enough to crumple in the hand and later to hang at human scale).
The sculptural work in the basement of the gallery is a place offering a different time interaction, inviting and accommodating human engagement and giving a place to rest the body. The work welcomes the visitors, encourages them to sit and to interact with a book created by the artist and which represents an integral part of the work of art. The book includes a collection of recent writing that Harris has developed in symbiosis with the sculptural work and on  occasion of other previous performances. To the artist, in fact, written language is closely linked with that of sculptural language, where personal perception, imagination, memory and bodily understanding are called upon for a better comprehension of the work.

The Gallery Apart è lieta di presentare la prima personale italiana di Rowena Harris, artista a cui la British School of Rome ha offerto la possibilità di vivere e lavorare a Roma quale Sainsbury Scholar in Sculpture. Dopo quasi un anno di residenza, “Being both on and within, as I said” fa il punto di un’esperienza definita seminale dall’artista stessa che ha potuto ulteriormente sviluppare la sua ricerca sul rapporto tra scultura, oggetto e corpo umano in un contesto storico, architettonico e sociale carico di spunti e sollecitazioni inediti per l’artista di base a Londra.

Rowena Harris è impegnata a comprendere nel profondo la realtà contemporanea, in cui la mente, il corpo, l’io e gli oggetti sono tutti elementi fra loro indissolubilmente legati, al punto che la percezione immaginativa è allo stesso tempo mentale e fisica. Harris usa questa dimensione percettiva all’interno del suo lavoro, con un approccio che coinvolge l’immaginazione dello spettatore, insieme alla traccia del corpo. I lavori esposti e la relazione tra loro esprimono una visione del mondo contemporaneo che può essere intesa come codificata dall’era digitale, ma non limitata al solo spazio digitale. Non vi sono distinzioni tra realtà e virtualità rispetto al modo in cui l’uomo costruisce e vive le sue esperienze.

Oggetti della vita comune trattati come fossili o come manufatti o ancora elementi contemporanei visti con un mirino archeologico evocano una presenza umana precedente e differente. Questi oggetti sono posti in relazione alle sculture che inquadrano la presenza reale del visitatore, il quale interagisce con l’opera per il solo fatto di avvicinarla e conseguentemente di attraversarla, così offrendo l’immagine del proprio corpo alla visione di altri spettatori. In tal senso, la scultura di Harris invita ad attivare l’opera, ad “essere su e dentro” la scultura con una sorta di atto performativo sottile e delicato. Sculture-cornici e sculture-oggetti inquadrano o evocano parti di corpi, in un rimando non solo al rapporto tra realtà e virtualità, ma anche a un territorio ibrido in cui esse vengono a contatto e dove arrivano al punto di rottura. Come nel caso dei tanti dispositivi telematici che costruiscono vere e proprie protesi del corpo umano o come quando parti di un corpo si frammettono rispetto al funzionamento di tali dispositivi, ad esempio se involontariamente copriamo con un dito parte di un obiettivo fotografico.

La mostra si dipana sui due piani della galleria, ciascuno dei quali offre una modalità diversa di interazione tra corpi e sculture. Al piano terreno le opere si alternano e prospetticamente si toccano in un continuo gioco di entrata e uscita nella e dalla cornice. Sculture-cornici in piedi nello spazio o appese al soffitto contengono la visione di altre sculture e dei visitatori. La presenza dell’uomo o forme strettamente connesse alla pelle umana sono evocate da frammenti di camicie o da piccoli oggetti ormai intrappolati nel cemento; o da microsculture in gomma siliconica replicanti decine di oggetti di cui quotidianamente ci svuotiamo le tasche e che qui vengono raggruppati in una striscia rasente il muro, lasciati cadere come detriti culturali; o ancora da sculture consistenti in stampe tridimensionali di organi umani interni realizzate mediante scansioni MRI che riproducono parti del corpo che non si vedono ad occhio nudo ma che possono essere riprodotte digitalmente; o infine da drappi di seta dove la stampa cyanotype, la più elementare tecnica fotografica reagente al sole, coglie casualmente l’attimo attraverso un procedimento a scala umana (un pezzo di stoffa di dimensioni tali da poter essere raggomitolato in una mano e poi appeso a grandezza d’uomo).

Il lavoro scultoreo nel basement della galleria si propone come spazio in grado di offrire una diversa interazione temporale, invitando e coinvolgendo la presenza umana e fornendo un luogo per il riposo del corpo. L’opera accoglie il visitatore, lo spinge a sedersi e a intrattenersi con la lettura di un libro, creato dall’artista e parte integrante dell’opera stessa. Il libro include una raccolta di scritti recenti che Harris ha elaborato in simbiosi con il lavoro scultoreo e in occasione di precedenti performances. Anche la scrittura infatti è per l’artista un linguaggio che entra in connessione con quello scultoreo, un ambito dove l’immaginazione, la memoria e la percezione corporea sono invitate ad attivarsi per una migliore comprensione dell’opera.

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