Mariana Ferratto, Sara Basta
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Dopo la presentazione giovedì 13 giugno 2013 del progetto Lingua mamma presso il Dipartimento Educazione del MAXXI, a cura di Stefania Vannini, The Gallery Apart ospita nei suoi spazi di via Francesco Negri 43 l’installazione complessiva recante le diverse componenti del progetto stesso.
Lingua mamma è un progetto ideato da Sara Basta e Mariana Ferratto, curato da Emanuela Termine e promosso dalla biblioteca comunale “Dino Penazzato” di Roma, in collaborazione con la scuola elementare “Carlo Pisacane” di Roma, l’Ambasciata in Italia del Bangladesh e Sala 1 Centro Internazionale d’Arte Contemporanea.
Il progetto ha vinto il concorso “Arte, Patrimonio e Diritti Umani”, indetto da Connecting Cultures, agenzia di ricerca per l’arte e il territorio in partnership con Fondazione ISMU – Patrimonio Intercultura, con il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Lingua Mamma nasce da una considerazione sul linguaggio come primo elemento di differenza tangibile tra le culture, come primo veicolo per l’identificazione della realtà e per la costruzione della propria identità. Pensato per la comunità bangladese di Roma al fine di studiare un percorso di scambio atistico-linguistico tra bambini italiani e bangladesi e tra bambini e madri bangladesi e italiane, il progetto si è poi trasformato e adattato alla realtà della scuola e alle diverse nazionalità di provenienza dei bambini (oltre che bangladese, tunisina, venezuelana, romena, cinese, albanese).
Le artiste hanno considerato i bambini come i principali mediatori per le donne e le famiglie in Italia nell’apprendimento della nuova lingua. Molte mamme straniere, infatti, non hanno occasioni di relazionarsi al di fuori della propria famiglia, almeno nei primi tempi. Imparano quindi la lingua italiana attraverso il filtro dei figli, che si integrano molto più rapidamente perché frequentano la scuola o perché giocano con gli altri bambini. Attraverso di loro, le madri possono avviare i primi passi verso l´integrazione. Il progetto vuole quindi aiutare il naturale apprendimento della lingua nei bambini e il potenziale passaggio attraverso di loro nelle donne. Inoltre esso si focalizza sulla relazione madrefiglio come vettore principale per la costruzione di un’identità comune.
Le attività hanno coinvolto bambini della prima classe che hanno interagito tra loro e con le artiste in azioni volte a rendere i bambini stessi consapevoli del loro corpo e dello spazio circostante, tanto da usare il corpo stesso e le sue singole parti disegnate come spunto per la creazione di un vocabolario multilingue da utilizzare in classe e da condividere con le proprie famiglie. Successivamente è stato avviato uno scambio tra i bambini e le mamme, nonché tra le stesse mamme, per facilitare l’azione reciproca di mediazione linguistica e di integrazione.
Il materiale prodotto nel corso del progetto viene presentato in galleria sia in quanto testimonianza sia soprattutto quale veicolo di comprensione e diffusione del messaggio. Si tratta di un video della durata di circa tre minuti intitolato Fais Dodò che testimonia degli incontri e degli scambi avvenuti tra i bambini e le mamme, del video in loop Apo in cui un bambino bangladese ripete la strofa di una ninna nanna in italiano, di una serie di disegni fatti dai bambini che compongono un vocabolario multilingue, di stampe dei vocabolari multilingue e di un audio con le ninne nanne cantate dalle mamme.
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